giovedì 6 maggio 2021

Tattersall, la scomparsa dei Neandertal e il pensiero simbolico

Nel suo saggio ‹Il cammino dell’uomo› (Bollati Boringhieri, 2011), alle pagine 158-160, il noto antropologo Ian Tattersall scrive:

Che cosa accadde esattamente quando l’uomo comportamentalmente e anatomicamente moderno invase l’Europa non è chiaro, e non sappiamo nemmeno attraverso quale via (o vie) abbia raggiunto il subcontinente. Fino a non molto tempo fa, le cose sembravano relativamente semplici: i siti europei del Paleolitico superiore di datazione più antica (invariabilmente associati, dove sono stati trovati resti fossili, a popolazioni di anatomia moderna) si trovavano a Oriente; in Bulgaria, in particolare, il sito del Paleolitico superiore di Bacho-Kiro è datato a più di 40 kyr [*] or sono. Sembrava inoltre che le popolazioni di tipo moderno che invasero l’Europa provenissero da est, e che l’occupazione fosse cominciata approssimativamente intorno a quel periodo. E si riteneva che più o meno 27 kyr fa le nuove popolazioni avessero estromesso i Neandertaliani dalla loro ultima roccaforte nella penisola iberica, all’estremità occidentale dell’Europa. Ma ora abbiamo datazioni di circa 40 kyr per località del Paleolitico superiore nella stessa penisola iberica, precedenti a quelle di qualsiasi altro sito a ovest della Bulgaria. Dovremmo dedurne che le prime popolazioni anatomicamente moderne giunsero in Europa intorno a questa data in più ondate, penetrando da luoghi diversi? Forse qualche tentativo iniziale di occupazione fallì? Quali sono le implicazioni dell’alternarsi di strati aurignaziani e chatelperroniani in certi siti francesi? Man mano che verranno ottenute nuove datazioni forse il quadro generale si chiarirà; nel frattempo è possibile affermare che la conquista dell’Europa da parte delle popolazioni di morfologia moderna fu un processo molto lungo e complesso, poiché la cacciata dei Neandertaliani si concluse solo dopo una dozzina di millenni.
Alcuni paleoantropologi hanno sostenuto che in pratica non fu un processo di espulsione ma di assimilazione, perché le popolazioni di tipo moderno si sarebbero incrociate con i Neandertaliani, i cui geni sarebbero stati «sommersi» da quelli dei nuovi venuti. Sfortunatamente questo scenario di invasione pacifica non trova conferme nella documentazione fossile (che localmente rivela un modello di sostituzione a breve termine). Inoltre le spiccate differenze fisiche fra Neandertaliani e uomini di anatomia moderna rendono altamente improbabile che i due gruppi potessero incrociarsi e procreare. Possiamo ammirare le popolazioni del Paleolitico superiore europeo per le loro prestazioni artistiche, ma esse, al pari di noi, devono avere avuto un lato oscuro, e gli incontri fra Cro-Magnon e Neandertaliani non possono essere stati sempre felici per questi ultimi.
Tutto ciò, ovviamente, è estraneo alla questione delle ‹origini› dei comportamenti dell’uomo anatomicamente moderno. Come abbiamo visto, troviamo impressionanti testimonianze di attività artistiche, musicali e simboliche fin dagli inizi del Paleolitico superiore europeo, molto oltre 30 kyr or sono. Non sappiamo per quanto tempo si protrasse l’acquisizione della sensibilità e delle inclinazioni del nuovo tipo umano, ma è evidente che erano già pienamente fiorite a uno stadio iniziale. Di conseguenza nessuno nega che le delicate placche dell’Abri Blanchard racchiudano una forma di notazione simbolica, sebbene non possiamo essere certi che fossero realmente calendari lunari, come è stato proposto. Ma il simbolismo è innegabilmente l’essenza dell’umanità, come intendo sottolineare nel prossimo capitolo. Se vi è una sola cosa che distingue l’uomo da tutte le altre forme di vita, attuali o estinte, è la capacità di pensiero simbolico: saper generare complessi simboli mentali ed elaborarli in nuove combinazioni. È proprio questo il fondamento dell’immaginazione e della creatività: la capacità, unicamente umana, di creare un mondo nella propria mente, e di ricrearlo in quello reale che si trova all’esterno. Altre specie possono sfruttare il mondo esterno con grande efficienza, come abbiamo visto nel caso degli scimpanzé, ma mantengono sostanzialmente il ruolo di soggetti passivi e meri osservatori. Anche i Neandertaliani, per quanto notevoli possano essere stati, con tutta probabilità si erano a malapena liberati da questa condizione.
È nelle manifestazioni artistiche dei Cro-Magnon che si rivela pienamente la singolare capacità umana di questa popolazione. La loro arte fu molto più di un’interpretazione meccanica dell’ambiente che li circondava. Fu invece una complessa ri-creazione del mondo esterno, reso con squisito senso dell’osservazione e con padronanza dei propri mezzi. Non conosceremo mai con certezza il contesto mitico (o i contesti) di quella ri-creazione, ma è evidente che persino le superbe immagini degli animali con cui i Cro-Magnon condividevano il territorio avevano per loro un significato simbolico che trascendeva la semplice identità zoologica. Riconosciamo subito i segni astratti che punteggiano i fregi degli animali di Lascaux indicandoli come «simboli» (quale altro senso avrebbero?), ma è evidente che le immagini degli animali erano per i Cro-Magnon che le dipinsero molto più di semplici raffigurazioni: sono pregne di tutti i significati che popolavano il complesso universo mentale dei loro autori.
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[*] Tattersall utilizza in questo passo l’unità di tempo “antropologica” kyr, pari a un migliaio di anni (‹kilo-year›).


Sul ritrovamento nella grotta di Bacho Kiro, in Bulgaria, di frammenti ossei che l’analisi del DNA ha attribuito ai ‹Sapiens› ricordiamo di aver letto su “repubblica.it” un articolo dell’11/5/2020 (qui: https://archividiroccosolina.blogspot.com/p/2020-05-11-repubblica-scienze-red.html), ed è curioso, perché la 1ª edizione del saggio di Tattersall (titolo originale: ‹Becoming Human›) è del 1998. Dunque, o il ritrovamento dei frammenti era di molti anni precedente alla pubblicazione dell’articolo (che probabilmente riprende un originale in inglese di Bruce Bower (su “ScienceNews”, con la stessa data di pubblicazione, qui: https://www.sciencenews.org/article/earliest-known-humans-europe-bacho-kiro-bulgaria, o anche nei nostri archivi, qui: https://archividiroccosolina.blogspot.com/p/2020-05-11-sciencenews-bower-sapiens.html), oppure il testo del volume è stato riveduto e/o integrato successivamente (ma la stampa di Bollati Boringhieri è comunque del 2011).

Secondo la pagina di wikipedia (in inglese, https://en.wikipedia.org/wiki/Bacho_Kiro_cave) dedicata al sito di Bacho-Kiro, le grotte, un esteso reticolo di gallerie distribuite su 4 piani, sono note fin dal 1890 e vennero aperte al pubblico nel 1938 (un anno prima dello scoppio della 2ª Guerra Mondiale), tuttavia la pagina non indica né la data del ritrovamento di resti umani, né quella della loro datazione; ad ogni modo, il primo degli articoli menzionati nelle note e che riporta la datazione dei reperti a 43 mila anni BP (‹before present›) risulta essere del 2012; ulteriori ricerche (2021) avrebbero rinvenuto nel DNA tracce di commistione con i Neandertal.


Grotte di Bacho Kiro (fonte: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1567998).


Tornando a Tattersall, che non solo sembra escludere categoricamente la possibilità di incroci tra Neandertal e ‹Sapiens›, ma prospetta persino l’eliminazione fisica dei primi ad opera dei secondi, in diversi passi del volume egli nega che ai Neandertal si possano attribuire capacità di pensiero simbolico paragonabili a quelle dei ‹Sapiens›. Non è chiaro quando e in quali condizioni sarebbe avvenuto il “salto” da un pensiero non simbolico a quello simbolico – pare poco verosimile che la transizione si sia realizzata per gradi – ed è indubbiamente difficile definire cosa s’intende per “pensiero simbolico” senza far riferimento al pensiero verbale e al linguaggio articolato, anche se Tattersall menziona misteriosi segni geometrici tracciati accanto alle figure di animali.

Nel passo citato sopra, Tattersall affema: «Se vi è una sola cosa che distingue l’uomo da tutte le altre forme di vita, attuali o estinte, è la capacità di pensiero simbolico: saper generare complessi simboli mentali ed elaborarli in nuove combinazioni». Ma è veramente tutta qui, l’unicità di ‹Homo sapiens›? In una sorta di ‹ars combinatoria› di simbolismi sempre più complessi? Oppure questi sono soltanto lo strumento che viene utilizzato per esprimere qualcos’altro?


[Figura a p. 6 del volume di Tattersall]
Riproduzione monocroma di una pittura parietale policroma, dai colori ora molto sbiaditi, rinvenuta nella grotta di Font-de-Gaume, in Francia. Una renna femmina è inginocchiata davanti a un maschio adornato di un magnifico palco, che si protende verso di lei leccandole delicatamente la fronte. Il dipinto risale probabilmente a circa 14 kyr or sono.


Se pensiamo alla musica, alla danza, persino alla pittura (lo stesso Tattersall apre il suo volume con un capitolo sull’arte rupestre dei Cro-Magnon, e ci viene spontaneo immaginare che una pari maestria nell’uso dei colori e nella rappresentazione di forme mediante linee venisse utilizzata anche nella decorazione dei corpi), ci chiediamo fino a che punto tutte queste attività, che hanno caratterizzato l’essere umano fin dalla sua comparsa sulla terra, possano essere considerate “attività simboliche”. Per non parlare dell’arte della preparazione del cibo, della ricerca e dell’uso di sostanze profumate ecc., tutte prerogative esclusivamente umane.

Spingendoci oltre, notiamo come Tattersall, nel considerare l’essere umano come specie, abbia in mente esclusivamente l’adulto (e forse in prevalenza il maschio), allora ci chiediamo: il neonato, ad esempio, è in grado di “generare complessi simboli mentali ed elaborarli in nuove combinazioni”? Se lo è, occorre chiedersi da dove gli provenga una tale capacità. Se invece non lo è, allora si ricade nell’idea del neonato che non sarebbe compiutamente umano e deve allora diventarlo… ma come e quando?

Forse esiste qualche altra capacità che precede il “pensiero simbolico” e che ne costituisce una premessa necessaria, ed è questa che ci rende così riconoscibilmente umani; ma né l’antropologia, né la linguistica, né la psicologia sono al momento in grado di spiegare come essa possa essere comparsa nel corso dell’evoluzione.


Il sommario del volume di Ian Tattersall è consultabile qui.

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