domenica 23 febbraio 2020

Caracciolo, l’Essere di Heidegger e il dio del monoteismo

Un passo della ‹Presentazione› di Alberto Caracciolo, posta all’inizio del volume di Martin Heidegger, ‹In cammino verso il Linguaggio› (1959, trad. it. Mursia 1973-1990), chiarisce assai bene il rapporto tra il concetto heideggeriano dell’Essere e quello filosofico-religioso di Dio, tipico del monoteismo e della tradizione greco-ebraico-cristiana in particolare. Alle pp. 10-12, Caracciolo riporta dapprima una serie di affermazioni tratte da varie opere di Heidegger; procede quindi nel cpv. successivo a darne una coerente interpretazione:
«Ma l’Essere — che è dunque l’Essere? È se stesso. Questo il pensiero a venire deve imparare a esperire e a dire. L’Essere non è Dio e non è un fondamento del mondo. L’Essere è più lontano di ogni essente ed è, tuttavia, più vicino all’uomo di ogni essente, sia questo una roccia, un animale, un’opera d’arte, una macchina, sia un angelo o Dio. L’Essere è ciò che è più vicino. E tuttavia la vicinanza rimane per l’uomo lontanissima» [13]. Ma, poiché questo ‹Sein›, che non è Dio, evidentemente richiama cose delle quali pur eravamo abituati a sentir ragionare in collegamento con quel nome, cerchiamo di raccogliere qualche altro dato sul rapporto tra ‹Sein› e ‹Gott›. «Solo in questa vicinanza [𝑠𝑐. dell’Essere] può accadere si compia la decisione se Dio e gli Dei si neghino [all’uomo] e rimanga la notte, se e come albeggi il giorno del Sacro, se e come con il sorgere del Sacro possano riapparire Dio e gli Dei. Ma il Sacro che per sé è soltanto lo spazio del Divino, il quale per sé è a sua volta solo la dimensione per gli Dei e per Dio — il Sacro appare solo quando prima e in lunga preparazione l’Essere stesso è venuto a tralucere ed è esperito nella sua verità» [14]. «Con la determinazione esistenziale dell’essenza dell’uomo nulla è ancora deciso sull’“esistenza” o sulla “inesistenza” di Dio, come pure sulla possibilità o impossibilità di Dei. È pertanto non solo affrettato, ma già in partenza erroneo l’affermare che l’interpretazione dell’essenza dell’uomo sulla base del rapporto di questa essenza con la verità dell’Essere sia ateismo…» [15]. E a proposito del Dio della filosofia (o della metafisica), del Dio come ‹Causa sui›: «Questa è la causa come ‹Causa sui›. Così suona il termine esatto di Dio nella filosofia. Di fronte a questo Dio l’uomo non può pregare, né può offrire sacrifici. Dinanzi alla ‹Causa sui› l’uomo non può cadere sgomento in ginocchio, né può, di fronte a un simile Dio, ‹musizieren und tanzen›. Per conseguenza il pensare senza Dio, il pensare che si trova nella necessità di abbandonare il Dio della filosofia, il Dio come ‹Causa sui›, è forse più vicino al Dio veramente divino. Questo significa qui soltanto: quel pensiero è più libero per il Dio vero di quanto vorrebbe ammettere la onto-teologia» [16].
I passi riportati consentono alcune precisazioni [17]. Innanzitutto la conferma del carattere religioso dell’Essere heideggeriano: se l’Essere si pone in contrasto soprattutto col «Dio dei filosofi» (il Dio ente realissimo, il Dio Causa, il Dio Valore supremo) ma anche col Dio delle religioni (il Dio Tu, della preghiera), ciò accade non perché i problemi esistentivi e filosofici connessi con quel Dio non abbiano senso, ma perché il respiro, l’orizzonte, il modo di porsi e di risolversi di quei problemi si sono rivelati ristretti e inadeguati. Se l’Essere non è il Creatore e Signore del mondo, se non è il Legislatore o il Giudice morale, se non è il Dio che assicura l’immortalità, se non è il Tu cui l’uomo può rivolgere una preghiera «formulata», ciò accade non perché il religioso sia venuto meno nell’uomo, ma proprio perché si è approfondito, e perché — con e per tale approfondimento — si sono rese problematiche la metafisica e l’etica connesse a quelle figure di Dio. È facile intuire il rapporto che esiste tra la crisi del concetto di Dio Causa e la raggiunta coscienza della natura finitizzante e strumentale della ‹Vergegenständlichung›; oppure il rapporto che intercorre tra la crisi del concetto di Dio Legislatore e Giudice e la critica dell’etica nella sua figura tradizionale quale è brevemente ma potentemente abbozzata in ‹SZ› e nello ‹Humanismusbrief›. E come il Dio della preghiera (nel senso corrente del termine) sia diventato anch’esso problematico, risulta pur sufficientemente chiaro, quando si legga con attenzione un passo del ‹Nachwort› a ‹Was ist Metaphysik?[18]. La critica alle ricordate figure di Dio e la critica alla metafisica e all’etica sono dunque tutt’uno: e non sono propriamente una critica «filosofica»: sono, fondamentalmente, le conseguenze, filosoficamente esplicitate, di un approfondimento religioso, che è, sì, di un pensatore, ma di un pensatore in cui confluisce un’amplissima eredità storica. Quanta memoria religiosa e filosofica nella potenza critica che si raccoglie nell’idea del ‹Sein› heideggeriano! Certo, solo chi riesca a realizzare la densità di tale memoria, può rendersi conto come l’idea dell’Essere sia ben altro che una «estenuazione» del concetto di Dio.

Riportiamo qui di séguito anche le note relative al brano; tanto nel testo quanto nelle note, Caracciolo ricorre alle seguenti abbreviazioni:
  • HB› = ‹Über den Humanismus› (‹Humanismusbrief›);
  • ID› = ‹Identität und Differenz›;
  • PLW› = ‹Platons Lehre von der Wahrheit›;
  • SZ› = ‹Sein und Zeit›;
  • WM› = ‹Was ist Metaphysik?›.

[13]. ‹HB› in ‹PLW›, p. 76.

[14]. 𝐼𝑏𝑖𝑑., pp. 85-6.

[15]. 𝐼𝑏𝑖𝑑., p. 101.

[16]. ‹ID›, pp. 70-71.

[17]. Per il problema del rapporto Essere-Dio e per i problemi connessi, particolarmente utile sotto l’aspetto informativo e orientativo: James M. Robinson, ‹Die deutsche Auseinandersetzung mit dem späteren Heidegger›, in ‹Der spätere Heidegger und die Theologie›, Hrsg. von James M. Robinson - J. Cobb Jr., Zürich-Stuttgart, 1964. Cfr. pure: ‹Heidegger und die Theologie. Beginn und Fortgang der Diskussion›. Hrsg. von G. Noller, München, 1967; Helmut Danner, ‹Das Göttliche und der Gott bei Heidegger›, Meisenheim, 1971; W. Weischedel, ‹Der Gott der Philosophen›. 2Bde, Darmstadt 1971-2 (I, pp. 458-495; II, 𝘱𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚).

[18]. ‹WM›, p. 50.


La bibliografia riportata nella nota 17 è ormai chiaramente datata, e una grandissima polemica sulle affinità ideologiche tra il filosofo e il nazismo venne sollevata dalla pubblicazione, avvenuta a partire dal 2014, dei suoi ‹Quaderni neri› (‹Schwarze Hefte›); tuttavia non è chiaro come molti intellettuali, anche dichiaratamente di sinistra, possano avere per lungo tempo sottovalutato le radici cristiane delle teorizzazioni heideggeriane.

Volendo andare oltre, si potrebbe anche ipotizzare che il vero fine delle elaborazioni teoriche di Heidegger fosse quello di rafforzare i legami tra il pensiero filosofico occidentale e la tradizione religiosa di matrice greco-ebraico-cristiana, “ipercristianizzare” – potremmo dire – il pensiero occidentale, modificandone il vocabolario e la sintassi in senso velatamente ma profondamente religioso, e superando persino, in tal modo, quanto già perseguito nel corso dei secoli dalle istituzioni religiose ufficiali.

Può risultare allora inquietante, ma anche chiarificatore, considerare che un tale “indirizzo di pensiero” si sia legato storicamente, seppure in modo controverso, all’ideologia e alla pratica politica nazista; potrebbe quantomeno spiegare come mai talune aberrazioni ideologiche siano tuttora presenti e attive, dopo quasi un secolo, nonostante le enormi sofferenze e gli innumerevoli lutti che hanno causato.


Il sommario del volume di Martin Heidegger è consultabile qui.

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