Le tre fasi della Luna si riflettevano nelle tre fasi della vita della matriarca: vergine, ninfa (nubile) e vegliarda. In seguito, giacché l’annuale corso del Sole ricordava anche il crescere e il decrescere delle sue forze fisiche (la primavera come vergine, l’estate come ninfa, l’inverno come vegliarda), la dea fu identificata con i mutamenti stagionali che segnavano la vita delle piante e degli animali, e dunque con la Madre Terra che all’inizio dell’anno vegetativo produce soltanto foglie e boccioli, poi fiori e frutta e infine si isterilisce. La dea fu identificata poi con un’altra triade: la vergine dell’aria, la ninfa della terra e la vegliarda del mondo sotterraneo, personificate rispettivamente da Selene, Afrodite ed Ecate. Queste mistiche analogie contribuirono a dare un carattere sacro al numero tre e la dea Luna fu simboleggiata dal numero nove quando ciascuna delle sue tre persone (vergine, ninfa e vegliarda) si manifestò in triade per dimostrare la sua divinità. I fedeli della dea non scordarono mai del tutto che essa era una dea sola e non tre dee; ma nell’epoca classica il santuario di Stinfalo in Arcadia era uno dei pochi dove tutt’e tre le persone della triade portassero lo stesso nome: Era.
A dir la verità, ci pare di notare qualcosa di incongruo nella denominazione di queste 3 fasi: “vergine, ninfa (nubile) e vegliarda”; a parte che la “verginità” è dubbio avesse all’epoca il valore che le venne attribuito assai più tardi (in un contesto decisamente patriarcale), la prima fase dovrebbe includere infanzia e fanciullezza; “nubile” da noi significa “adatta alle nozze” (ma non ancora maritata), e solo il significato di “vegliarda” è univoco; le 3 fasi dovrebbero allora più ragionevolmente esser dette “fanciulla” (nel senso di prepubere), “matura” o “adulta” (in quanto atta al sesso e alla procreazione) e, se vogliamo, “vegliarda”… a qualcuno potrebbe tornare in mente un famoso quadro di Klimt, ‹Le tre età…› e viene spontaneo chiedersi se l’artista avesse presenti l’origine antichissima e la valenza mitica di questa triade.
«Queste mistiche analogie contribuirono a dare un carattere sacro al numero tre […]», scrive Graves; il “carattere sacro” del tre sarebbe dunque ben precedente al dogma della trinità del Cristianesimo, e precedente addirittura al riconoscimento del ruolo maschile nella procreazione, mentre la trinità cristiana (padre, figlio e spirito santo) deriva dalla palese distorsione dello schema familiare (padre, madre e figlio) per “eliminazione” della donna, che viene “recuperata” solo nella figura asessuata della Vergine, ma rimane comunque estranea alla trinità stessa.
«[…] la dea Luna fu simboleggiata dal numero nove […]»: 3×3, ovvero 3², “tre al quadrato”, che però non pare abbia avuto nel prosieguo un successo comparabile a quello della sua base, perlomeno in ambito religioso; dobbiamo però rilevare che le cifre “arabe” – in realtà di provenienza indiana – attualmente in uso, all’epoca in cui vennero introdotte in Europa da Fibonacci erano esattamente 9, alle quali si aggiungeva lo zero, di provenienza ancor più orientale. Solo in seguito lo zero divenne una cifra come tutte le altre, eppure conserva ancora oggi qualcosa di misterioso e di intrigante, reminiscenza della sua diversa origine.
Il sommario del volume di Robert Graves è consultabile qui.
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