mercoledì 17 luglio 2019

Graves, Patai… e il dito mignolo di Dio

Il 4° capitolo del volume di Robert Graves e Raphael Patai, ‹I miti ebraici› (1963, ed. Longanesi 1980), tratta di alcuni aspetti curiosi della creazione riportati dalla tradizione midrashica (a partire da fonti del IV e V sec.); alle pp. 46-47 (punti e-f) si legge:
Dio trovò le maschili acque superiori e le femminili acque inferiori strette in un abbraccio appassionato. «Che una di voi si innalzi», ordinò, «e che l’altra precipiti». Ma esse si levarono insieme, perciò Dio chiese: «Perché vi siete levate insieme?» «Noi siamo inseparabili», risposero a una sola voce, lasciaci al nostro amore!» Dio, col solo dito mignolo, le strappò l’una dall’altra, levando le acque superiori sopra di sé e abbassando le acque inferiori sotto di sé. Per punirle della loro tracotanza, avrebbe voluto bruciarle col fuoco, ma esse chiedevano pietà. Allora, le perdonò a due condizioni: che durante l’esodo, permettessero ai figli di Israele di passare sul suolo asciutto, e che impedissero a Giona di fuggire con una nave a Tarshish.
In quel frangente, le acque divise sfogarono l’agonia della loro separazione correndosi incontro sfrenatamente, e sommergendo le cime dei monti. Ma quando le acque inferiori sfiorarono proprio la base del trono di Dio, egli le colpì con la sua collera e le calpestò sotto i suoi piedi.

Si può notare innanzitutto la pervasività – comune peraltro a molti racconti della creazione – del discorso diretto: Dio parla con le acque… e queste gli rispondono pure! Questa particolarità non può essere casuale, implica ad esempio una sorta di “originarietà” del pensiero verbale, che di conseguenza non può essere frutto dell’elaborazione, evoluzione, trasformazione di qualcos’altro.

In secondo luogo, appare anche evidente come, a dispetto della trascendenza quale elemento ritenuto imprescindibile della concezione monoteista, aspetti manifestamente antropomorfi dell’immagine divina (il mignolo, i piedi) persistano nei secoli – qui son passati più di mille anni dal rientro dall’esilio a Babilonia – e viene spontaneo chiedersi quanto vi sia tuttora di antropomorfo nella concezione che di Dio hanno i vari monoteisti moderni.

Si potrebbe forse ipotizzare che il “pensiero religioso” sia fatto “a strati”: sotto livelli che possono raggiungere una notevole astrazione “filosofica”, permangono immagini e credenze spesso inespresse, talvolta di un’ingenuità che potrebbe sembrare puerile, talvolta prossime al delirio manifesto, spesso autocontraddittorie e logicamente incompatibili le une con le altre, ma che comunque sostengono la struttura complessiva di credenze.

Sarebbe interessante indagare se un’analoga struttura dinamica e contraddittoria permanga sottostante anche alla moderna razionalità, e in particolare a quella scientifica.

Un’ulteriore considerazione circa le condizioni imposte da Dio alle acque per evitare la punizione del fuoco (il passaggio del Mar Rosso e la fuga di Giona): evidentemente nella mente di Dio tutto lo svolgersi degli eventi nel tempo è concentrato in una sorta di eterna simultaneità, e non esiste libero arbitrio (umano, ma neppure divino) che possa modificare il corso degli accadimenti in un senso che non sia prevedibile e quindi, essendo Dio onnisciente, previsto. All’epoca dei fatti – per così dire – Adamo non era ancora stato creato, e forse neppure “ideato” nella mente di Dio, e ancor meno poteva esserlo la sua discendenza; però chiaramente lo era all’epoca delle elucubrazioni degli autori delle fonti midrashiche prese in esame.

NOTA 1: tuttavia le “le cime dei monti” già esistevano, altrimenti come avrebbero fatto le “acque inferiori” a sommergerle? Segno che questa “eterna simultaneità” non è solo nella mente di Dio, ma in qualche modo “deborda” e raggiunge il mondo naturale esterno – almeno nelle fantasticherie dei “sapienti” del midrash.

NOTA 2: il racconto riecheggia vagamente quello babilonese della lotta tra Tiamat e Marduk, il cui esito è “l’uccisione” di Tiamat e la divisione in due del suo enorme corpo, la metà superiore andando a costituire il cielo, la metà inferiore la terra; si veda qui una nostra annotazione sui riferimenti al “matriarcato originario” in tali miti.

NOTA 3: il successivo punto 4 (a p. 50) riconduce il mitema dell’implorazione delle acque a un episodio dell’‹Iliade›:
L’implorazione di pietà rivolta dalle acque quando Dio minacciò di prosciugarle col fuoco, è reminiscenza dell’‹Iliade›, quando Efesto minacciò di avvolgere nel fuoco le rive dello Xanto facendo ribollire le acque fino a costringerle alla resa. Nondimeno, è possibile vi sia una fonte comune: quanto Omero deve ai miti del vicino Oriente diventa sempre più evidente.
I due autori non lo dicono, ma è altrettanto evidente che i sapienti cultori del midrash non erano da meno.

Il sommario del volume di Robert Graves e Raphael Patai è consultabile qui.

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