giovedì 4 luglio 2019

Graves, Patai, la Creazione e la settimana babilonese

Nel 1° capitolo del loro volume ‹I miti ebraici› (1963, ed. Longanesi 1980), Robert Graves e Raphael Patai mettono in rilievo le differenze tra i due racconti della Creazione presenti nella Genesi; nei punti 5 e 6 (alle pp. 26-28) si legge:
La prima versione della creazione (‹Genesi› I 1 - II 3) fu composta a Gerusalemme, poco dopo il ritorno dall’esilio babilonese. In essa Dio viene chiamato «Elohim». La seconda versione (‹Genesi› II 4-22) è pur essa ebraica, probabilmente di origine edomita e precedente all’esilio. In essa Dio fu originariamente detto «Yahweh», ma il trascrittore trasformò il nome in «Yahweh Elohim» (tradotto poi come il signore Iddio identificando il Dio della prima Genesi con quello della seconda Genesi e dando alla versione un’apparenza di conformità. Non eliminò tuttavia certi particolari contraddittorii nell’ordine della creazione, come si può constatare dalla seguente tabella:


Ebrei e cristiani sono sempre rimasti perplessi dinanzi a queste contraddizioni, cercando a mano a mano di spiegarle. Dallo schema dei sette giorni deriva, in primo luogo, la mitica ragione per l’osservanza, da parte dell’uomo, del sabato, dato che Dio, riposando nel settimo giorno, lo santificò e lo benedì. Questa precisazione è esplicitamente fatta in una versione dei dieci comandamenti (‹Esodo› XX 8-11). Alcuni dei primi rabbini commentatori osservano che gli elementi essenziali furono creati durante i primi tre giorni, e abbelliti, completati durante gli altri tre, e che si può trovare una esatta simmetria fra il primo e il quarto giorno, il secondo e il quinto, il terzo e il sesto.


Questo schema, e altri dello stesso tipo, provano l’intenzione dei sacerdoti ebraici di avvalorare Dio con pensieri sistematici, coordinati. Questa loro fatica, tuttavia, non sarebbe stata necessaria se avessero ricordato che l’ordine della creazione era legato all’ordine planetario degli dèi nella settimana babilonese, e quindi ai sette bracci del sacro candelabro o Menorah; tanto Zaccaria nelle sue visioni (IV 10) quanto Giuseppe Flavio (‹Guerre› V 5, 5), trovarono questa identificazione fra la Menorah e i sette pianeti, e dicono che Dio aveva proclamato esclusivamente suoi quei poteri planetari. Poiché Nergal, un dio pastorale, venne considerato terzo nella settimana, mentre Nabu, dio dell’astronomia, venne posto al quarto giorno, i campi ebbero la precedenza sulle stelle, nell’ordine della creazione. L’‹Enuma Elish› ha quindi il seguente ordine: separazione del cielo, della terra e delle acque; creazione dei pianeti e delle stelle; creazione delle erbe e degli alberi; creazione degli animali e dei pesci (ma la quinta e la sesta tavoletta sono frammentarie); creazione dell’uomo da parte di Marduk col sangue di Kingu.


A dire il vero, la considerazione dei 2 autori circa l’ordine di Nergal e Nabu sembra un po’ incongruente: l’‹Enuma Elish› prevede infatti prima stelle e pianeti, e poi le piante, non il contrario; mentre nella “prima genesi” – quella successiva all’esilio babilonese – l’ordine non risulta del tutto chiaro, prevedendo essa prima il “firmamento”, poi “erba e alberi”, e quindi gli “astri” (si veda la prima colonna della prima tabella).

Ci chiediamo tuttavia: ma in che modo è possibile identificare un ordine preciso nei 7 bracci del “sacro candelabro” (la Menorah)?

Sarebbe comunque interessante sapere in quale ordine si succedevano divinità e relativi pianeti nella “settimana babilonese”, se non altro per verificare quanto tale ordine corrisponda a quello in vigore anche al giorno d’oggi, dopo più di duemila anni; in Occidente infatti abbiamo: Sole (domenica, ‹Sunday› in inglese), Luna (lunedì), Marte (martedì), Mercurio (mercoledì), Giove (giovedì), Venere (venerdì), Saturno (sabato, ‹Saturday› in inglese).

Il sommario del volume di Robert Graves e Raphael Patai è consultabile qui.

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