Gli eretici Ofiti del primo secolo d.C. credevano che il mondo fosse stato generato da un serpente. Il serpente di ottone, fatto, secondo una tradizione ebraica, da Mosè per comando di Dio (‹Numeri› XXI 8-9) e venerato nel tempio santuario finché non fu distrutto dal riformatore re Ezechia (‹II Re› XVIII 4), suggerisce che Yahweh era stato una volta identificato con un dio-serpente, come Zeus lo era nell’arte orfica. Il ricordo di Yahweh come un serpente sopravvisse fino a tardi in una ampia midrash, secondo la quale, quando Dio assalì Mosè e cercò di farlo morire (‹Esodo› IV 24 sgg.) nella sua dimora deserta, in piena notte, assunse la forma di un enorme serpente e ingoiò Mosè fino ai lombi. L’usanza a Gerusalemme di uccidere le vittime sacrificali nel lato nord dell’altare (‹Levitico› I 11; M. Zebahim V 1-5) ci riporta al culto di un primitivo vento del nord, simile a quello di Atene. Presumibilmente, nel mito originale, la grande madre sorse dal caos; al suo apparire il vento si trasformò in serpente e la fecondò; essa si trasformò in un uccello (colomba o aquila) e depose l’uovo universale, intorno al quale il serpente si avviluppò facendolo schiudere.
Sembra assai curiosa l’ipotesi che Yahweh sia stato in origine un dio-serpente, considerando il ruolo che il serpente gioca nella storia del peccato originale e la conseguente cacciata di Adamo ed Eva, cioè dei progenitori dell’intero genere umano, dal paradiso terrestre.
Oltretutto, nel noto poema mesopotamico, è un serpente anche quello che ruba e divora la “pianta della vita” ottenuta, dopo tante tribolazioni, da Gilgamesh (talvolta nella grafia Gilgameš), prima che questi possa portarla a Uruk.
Il sommario del volume di Robert Graves e Raphael Patai è consultabile qui.
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