martedì 30 aprile 2019

Monoteismo ed evoluzione (in peggio) del rapporto uomo-donna


Nel corso del 2° incontro sulle origini del monoteismo, tenutosi il 7 aprile 2019 (a Roma, in via Ludovico di Savoia, 2b) a cura del Gruppo di studio sul monoteismo dell’Associazione Amore e Psiche, uno dei relatori, Giampiero Minasi, rispondendo a una domanda dal pubblico (~1h17′), ha affermato:
Cercando di vedere il processo storico la cui partenza è la Scultura blu, o comunque il paleolitico, lì c’è un nesso fortissimo fra la donna, la donna ha una centralità, perché è colei che mette al mondo, è colei che mettendo al mondo ha rapporto col bambino, e Massimo, fra le tante suggestioni che ci ha dato, si chiede: ma vuoi vedere che le pitture [rupestri] nascono dal gioco della donna col bambino? […] E negli ultimi scritti evidenziava una cosa fondamentale: il suono della voce, perché la donna, poi, allattando e stando in rapporto col bambino, modula la voce, non sono i suoni gutturali dell’uomo nella caccia, e questa centralità della donna si lega all’immagine. In una fase successiva […] pian piano la figura maschile si affianca, nel neolitico, quando si scopre il ruolo maschile nella procreazione, ma la donna ancora è centrale, è centrale l’immagine.
Il linguaggio… c’è l’oralità, che comincia a esprimersi… leggende, racconti, la favola di Amore e Psiche… Nella fase della civiltà urbana c’è l’uomo, al centro; nelle civiltà migliori, come la mesopotamica, la donna sta a fianco, ma lì già è cambiato, assieme al ruolo della donna, che possiamo vedere anche nella religione, è cambiato anche il rapporto delle forme simboliche, per cui è apparsa la scrittura, che però è essa stessa immagine, non è ancora prevaricatrice dell’immagine.
Nell’ultima fase, invece, dio è maschile, la donna scompare, e la scrittura non è più la scrittura di Gilgamesh – il poema – al servizio dell’immagine, è la scrittura in prosa, che distrugge l’immagine, così come la donna viene completamente emarginata.
Quindi […] progressivamente, insieme all’emarginazione della donna, le forme simboliche […] con la donna, l’immagine viene messa in secondo [piano], e la scrittura diventa strumento solo maschile, con cui arriva a compimento questa ipotizzabile lunga guerra civile condotta dagli uomini contro le donne. Ecco, lì, con la scrittura e con la religione, ecco, la creatività che avevate voi all’inizio, adesso ce la prendiamo solo noi. L’unica che non possiamo prendere è quella della procreazione, ma Aristotele poi dirà che tanto siete solo un forno, praticamente, che è utile solo a incubare il seme maschile.

Magnifica sintesi. A nostro avviso, però, all’argomentazione di Minasi si potrebbe aggiungere che nel passaggio dal neolitico alla civiltà urbana ha inizio lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo in grande stile, e la divisione della società in classi. L’evoluzione delle tecniche di coltivazione e di allevamento rende redditizio lo sfruttamento delle classi inferiori per l’accumulo di ricchezze. Per convincere i lavoratori a produrre più di quanto necessiti loro per sopravvivere, gli antichi culti della fertilità vengono soppiantati da nuove divinità, ipostasi delle nuove classi dominanti, che esigono offerte e tributi continui; sfruttamento e accumulazione di ricchezze rendono a quel punto vantaggiosa la guerra, che diviene anzi una vera e propria necessità economica, per assicurarsi nuova manodopera e per il controllo delle risorse naturali; ma la guerra richiede guerrieri, almeno part-time, e questo inevitabilmente conduce a un predominio maschile che si manifesta anche col prevalere di divinità maschili e guerresche (ad esempio Marduk), prevalere che prelude alla transizione finale verso il monoteismo. Quest’ultimo passaggio però sarà completato solo dopo la crisi finale dell’età del Bronzo, che aveva al suo interno contromisure volte a mitigare le disuguaglianze sociali e stabilizzare il sistema.

Eccesso di materialismo storico? Forse.

Rimane comunque aperta la questione del perché in altri luoghi – ad esempio in Cina – il formarsi di una civiltà urbana non abbia prodotto lo sviluppo di credenze religiose strutturate come quelle della Mezzaluna fertile, e conseguentemente neppure l’istituzione di una potente classe sacerdotale. Dipenderà da qualche particolare caratteristica dell’economia locale, oppure dalla diversa tecnica di scrittura? Occorrerebbe chiedere a qualche esperto di storia e cultura orientale.

La registrazione video dell’incontro è disponibile qui.

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