I testi disponibili (dagli archivi dell’epoca o dalle iscrizioni celebrative egiziane) riflettono tutti un’ottica palatina, vedono i nomadi come entità esterne e indistinguibili, e perciò usano termini complessivi e raramente nomi di specifiche tribù. Nessuno dei nomi delle tribù d’Israele, riportate dai testi biblici, è attestato in Palestina alla fine dell’età del Bronzo: la documentazione è troppo scarsa, ma forse quelle tribù non si erano ancora costituite come entità auto-identificate. Si hanno in effetti due sole menzioni di gruppi tribali, entrambe connesse alla terminologia biblica ma non ai nomi delle tribù «classiche». Una stele di Sethi I da Bet-She’an (ca. 1289; ANET, p. 255) riferisce di lotte tra gruppi locali, lotte il cui scenario è la zona attorno a Bet-She’an stessa, e che sono presentate come sintomo dell’irrimediabile anarchia delle genti locali. La stele nomina, oltre ai «‹Ḫabiru› del monte Yarmuti», anche una tribù di Raham. Possiamo pensare che i membri di questa tribù si definissero «figli di Raham» (*Banu-Raham) e che avessero come antenato eponimo un «padre di Raham» (*Abu-Raham) che è il nome del patriarca Abramo.
Qualche decennio dopo (ca. 1230; LPAE, pp. 292-295) una stele di Merenptah celebra il trionfo del Faraone in una sua campagna attraverso la Palestina, citando tra i nemici vinti città come Ascalona e Gezer, paesi come Canaan e Kharu, corredando tali nomi con i determinativi di «regione»; ma tra essi c’è un nome col determinativo di «gente» (dunque un gruppo tribale, non sedentario) ed è Israele. È la prima menzione in assoluto del nome, che probabilmente va collocato nella zona degli altopiani centrali. In effetti la sequenza delle tre località Ascalona-Gezer-Yeno‘am è come inquadrata tra i due termini (più vasti) di Canaan e di Israele: e se Canaan ben si colloca all’inizio della sequenza, nella pianura costiera del sud, Israele si colloca altrettanto bene sugli altopiani centrali.
«Abramiti» e «Israeliti» erano dunque nel XIII secolo gruppi pastorali attivi negli interstizi — per così dire — dell’assetto geopolitico palestinese, e tenuti a bada (se troppo turbolenti) dall’azione militare egiziana.
In questo passo Liverani non specifica però la forma (neppure traslitterata) in cui viene menzionato il termine “Israele” nella stele di Merenptah.
Nel saggio ‹Dall’impuro al peccaminoso› (Licosia Edizioni 2018), Fabio Della Pergola si mostra molto più prudente, e definisce “ipotetico” il riferimento della stele di Merenptah al popolo di Israele.
Il sommario del saggio di Fabio Della Pergola è consultabile qui.
Nel 4° capitolo, ‹Il problema dell’unicità e della trascendenza di Dio nella Bibbia ebraica›, all’inizio del paragrafo 4.2. ‹La salvezza: teologia del Patto e teologia della Promessa›, la nota 135 riporta:
La prima ipotetica menzione del popolo ebraico si trova nella stele del faraone egizio Merenptah (1200 a.C. c.ca) dove tra i popoli cananei sconfitti è citato anche quello di ‹ysrir› che alcuni identificano con Israele.
_____
¯¯¯¯¯
Nessun commento:
Posta un commento