Un tema inesauribile del mito greco è la graduale degradazione delle donne da esseri sacri in piante, uccelli o altro. Allo stesso modo Jehovah punisce Eva per la caduta dell’uomo. Inoltre, per mascherare l’originaria divinità di Eva, sopravvisse nella ‹Genesi› il suo titolo di madre di tutti i viventi e i mitografi la presentano come nata dalla costola di Adamo, aneddoto evidentemente basato sulla parola ‹tsela›, che significa tanto «costola» quanto «caduta». Più recentemente i mitografi insistettero col dire che è nata invece dall’irsuta coda di Adamo […]. Anche i Greci diedero alla donna la responsabilità della caduta dell’uomo con l’adottare la favola di Esiodo del vaso di Pandora, vaso che la stolta moglie di un titano lasciò sturato, liberando gli spiriti della malattia, della vecchiaia e del vizio. Non bisogna dimenticare che Pandora era il nome di una dea creatrice.
La Genesi biblica sembra rovesciare miti assai più antichi – risalenti forse al neolitico – in cui la donna, “grande madre”, o “madre di tutti i viventi” sarebbe precedente all’uomo (essendo quest’ultimo senza dubbio uno dei “viventi”); viene però il sospetto che per “viventi” si potessero intendere i non mortali, quindi gli dèi, ed Eva – l’Eva neolitica – sarebbe allora generatrice degli dèi (non solo di Adamo, quindi, ma addirittura dello stesso Yahweh prima della sua “carriera” monoteista).
«[…] i mitografi la presentano [Eva] come nata dalla costola di Adamo, aneddoto evidentemente basato sulla parola ‹tsela›, che significa tanto “costola” quanto “caduta”»: sembra che il gioco di parole sia stato una costante di questo “mitema”, malgrado abbia assunto forme diverse in diverse lingue e culture; ad esempio ‹ti› come “costola” e “vita” in sumerico (si veda il saggio di Fabio Della Pergola, ‹Dall’impuro al peccaminoso›, Licosia Edizioni 2018, e una nostra annotazione in proposito, qui); probabilmente il mito sumerico era ancora in circolazione tra gli scribi babilonesi all’epoca dell’esilio, quando i sacerdoti ebrei ne trassero ispirazione per la stesura della ‹Genesi›; è però ipotizzabile che nel frattempo avesse già subito modifiche e/o adattamenti ad opera degli scribi assiro-babilonesi?
NOTA: non avrebbe perciò del tutto ragione G. Semerano, quando afferma, nel suo ‹Le origini della cultura europea› – citato dallo stesso F. Della Pergola alla nota 218 – che «di questo gioco di parole nulla rimane, è ovvio, nel racconto biblico…»; gli estensori della ‹Genesi› avrebbero in verità sostituito il “gioco di parole” originario (sumerico) con uno nuovo – e assai più malevolo nei confronti della donna – in ebraico (con buona pace di Della Pergola). NB: questa interpretazione, ovviamente, presuppone che la versione del mito a noi pervenuta sia quella originaria degli “estensori della ‹Genesi›”, cioè che non sia stata manipolata in qualche epoca successiva.
«[…] Pandora era il nome di una dea creatrice»: in che senso “dea creatrice”? Val la pena di puntualizzare che una dea femmina può “generare”, e dunque non ha necessità di “creare”, a meno che questa sua “creatività” non vada intesa in senso non materiale; ma ci pare più verosimile che la confusione tra i due termini sia stata introdotta dagli autori, oppure che si sia insinuata in fase di traduzione del testo in italiano.
NOTA: nel 1° capitolo de ‹I miti ebraici›, al punto 10, a proposito della “creazione”, vengono contrapposti i concetti di “procreazione”, e di “fabbricazione” – con quest’ultimo termine che suona alquanto stridente – ma l’intento probabile è quello di evitare ogni riferimento al concetto di “creazione dal nulla” (‹creatio ex nihilo›), che aprirebbe, questa sì, un vero e proprio “vaso di Pandora”!
Il sommario del volume di Robert Graves e Raphael Patai è consultabile qui.
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